Conoscere Cogoleto

La storia di Cogoleto presenta diverse sfaccettature e, se­condo l'angolazione da cui la si esamina, può risultarne di volta in volta un'affascinante favola, un racconto tinto qua e là di giallo per i misteri e gli equivoci che la costellano, un'av­ventura degna della migliore tradizione marinara per il valore e l'intrepido coraggio dei suoi uomini.

Immagine raffigurante imbarcazioni in rimessaggio sulla spiaggia di Cogoleto  Imbarcazioni sulla spiaggia di Cogoleto (sec.XIX).

Molto lontano, in un tempo passato ormai da secoli e se­coli, sono da ricercare le origini del borgo di Cogoleto e, come per numerosi altri centri della Liguria, dobbiamo immaginare di trovarci in epoca romana, quando le orgogliose genti Liguri si opponevano fieramente al dominio di Roma.

Anche se non sono mai stati effettuati localmente scavi ar­cheologici che possano far riemergere resti di manufatti di epoca romana, tuttavia l'antichità dell'insediamento, la diffu­sione e l'espansione nel territorio della dottrina cristiana sono ancor oggi testimoniate da un reperto artistico, ben noto agli studiosi. Si tratta di un pluteo marmoreo, risalente all'alto Medioevo e collocabile in un periodo compreso tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII, attualmente conservato nel Palazzo Municipale.

La fede cristiana e le numerose vocazioni religiose sono testimoniate dalla presenza sul territorio di alcune importanti istituzioni monastiche: Santa Maria di Latronorio (ora inserita in una proprietà privata), San Giacomo di Latronorio (restaurato in tempi recenti) e lo scomparso monastero di San Pietro di Cogoleto. Questa scomparsa è uno dei misteri della storia di Cogoleto, infatti di S. Pietro si è persa ogni traccia visibile, l'unica memoria al riguardo consiste in una citazione contenuta in una pergamena dell'anno 1356 ormai molto deteriorata e quasi illeggibile.

La più antica testimonianza scritta, a tutt'oggi nota, rela­tiva a Cogoleto è più tarda di qualche secolo rispetto al pluteo. Questo anche a motivo della maggiore deperibilità delle materie scrittorie ed a causa della violenza umana. È noto infatti che spesso chi vince un conflitto e subentra al vinto tende a di­struggere la cultura preesistente e con essa le testimonianze scritte della civiltà soccombente. La stesura più antica di questo, che possiamo definire come il primo documento inerente Cogo­leto, risaliva all'anno 1023, ma il testo giunto fino a noi è con­tenuto in un atto dell'anno 1039, accuratamente redatto su pergamena, sopravvissuto, se così si può dire, alle ingiurie del tempo. Si tratta di una donazione di terreni situati nella zona di Cogoleto, effettuata da due coniugi a favore del monastero di San Siro di Genova.

A tempi lontani ed a narrazioni favolose e leggendarie risale anche il toponimo Cogoleto. Sembra infatti che tragga origine dalla locuzione latina « coquere lithos », poiché, secondo tradizioni locali, fin dall' epoca romana se non addirittura dalla preistoria, i tenaci abitanti del luogo, dopo aver faticosamente spezzato e sezionato le colline circostanti, avrebbero provveduto ad una sapiente ed accurata cottura delle pietre nelle numerose fornaci locali, trasformandole in preziosa ed apprezzata calce.

Ma al di là di quanto vi può essere di leggendario nei racconti che riguardano i lavoratori della calce, prove concrete si hanno dell'impiego di tale materiale e della considerazione da esso goduta nell'arco di diversi secoli.

A riprova di ciò basta ricordare che, nelle realizzazioni urbanistiche e nelle opere difensive, volute dalla Repubblica di Genova sia in terraferma sia in Corsica, spesso sono stati sot­toscritti contratti per forniture di calce di Cogoleto, partico­larmente apprezzata per la buona qualità. Ne sono esempio i ripetuti trasporti effettuati da Cogoleto al porto di Genova, con attracco privilegiato per lo scarico al così detto « ponte della calcina », ossia il ponte Calvi, di carichi di calce destinata ai cantieri di costruzione dell'arsenale, del grandioso e prestigioso Palazzo Ducale quale sede del doge e del governo, delle mura a difesa della città, di strutture assistenziali, come l'Albergo dei Poveri in Genova, o difensive, come la fortezza di Calvi in Corsica.

Per lunghi secoli quindi la gente di Cogoleto ha lavorato alle fornaci, come narra la migliore tradizione, fino a bruciarsi le ciglia e le palpebre. La memoria di questa lavorazione, fon­damentale per l'economia locale, resta in numerosi documenti conservati negli archivi storici e, in modo ancor più tangibile, nelle vecchie fornaci ormai disusate, ma ancora presenti nel territorio comunale. Le strutture superstiti sono quelle di una volta e, socchiudendo gli occhi ed immaginando di tornare in­dietro nel tempo, ognuno di noi può facilmente rivedere nella propria mente un affaccendarsi di uomini attorno alla fornace e quasi percepire il calore che se ne sprigionava.

 Fornace da calce (particolare).

Il commercio della calce, fiorente fin dal secolo XV, si è protratto vivo e vitale fino alla fine dell'Ottocento, mentre una nutrita flottiglia da trasporto, capitanata da arditi marinai cogoletesi, avviava il prodotto sulle rotte che solcavano il Mar Mediterraneo.

Tanti cogoletesi infatti, oltre alla coltura dei terreni ed alla cura delle fornaci, svolgevano anche un'intensa attività sul mare come pescatori, trasportatori, uomini di mare.

Gli attuali brevi vicoli, compresi tra le vecchie case del borgo, erano in passato gli scali da cui salpavano i marinai locali o dove gli stessi tiravano in secco le imbarcazioni per la necessaria manutenzione e lo « sciverno » della cattiva stagione. Infatti, nel passato, non avendo ancora a disposizione le moderne tecniche dell'armamento navale, le imbarcazioni necessitavano di una manutenzione annua che, di solito, si effettuava in in­verno (da cui il termine « sciverno» o disarmo invernale), sta­gione meno propizia alla navigazione.

 Cogoleto (sec.XIX).

Per avere un'idea della tradizione marinara locale basterà pensare ai traffici commerciali condotti dalla gente di Cogoleto fin nelle colonie orientali genovesi, poste sulle lontane rive del Mar Nero.

Nel Medioevo alcuni personaggi cogoletesi hanno ricoperto importanti cariche in campo politico e diplomatico. Fra loro ricordiamo Oberto di Cogoleto, un consigliere, che è tra i firmatari, per conto di Genova, del famoso « Trattato di Ninfeo », siglato nel 1261, tra la Repubblica e l'Imperatore d'Oriente. Un trattato molto importante (diremmo oggi, in cam­po internazionale) in quanto sancisce la supremazia genovese nel Mediterraneo in età medioevale. Nel XIV secolo incontriamo Raffo di Cogoleto, che ricopre pubblici uffici a livello diploma­tico all'estero, e si trova a Napoli per svolgere una delicata mis­sione per la Repubblica di Genova, missione che prevede anche la trasmissione di informazioni riservate. Ed infine «Inoflius de Solario» (Onofrio Solari), Anziano della Repubblica, che par­tecipa alla stipulazione di una convenzione con Savona.

Fra i tanti naviganti cogoletesi ci piace ricordarne alcuni appartenenti alla famiglia Colombo.

Giovanni Colombo, fu Antonio, nel 1414 si dedica alla navigazione di piccolo cabotaggio trasportando la calce da Co­goleto alle Riviere. Antonio Colombo, padrone di un lembo, recatosi per commerciare nei mari di Sicilia, resta vittima di un episodio di pirateria da parte di un razziatore catalano. Il fatto è denunciato alle autorità competenti, nel 1431, da Bar­tolomeo Colombo.

Lo stesso Bartolomeo è fratello di Cristoforo Colombo ed entrambi sono figli di quel Domenico Colombo, di cui si con­serva il testamento (in copia del secolo XVI) nel Palazzo Mu­nicipale. È questo un caso in cui la storia si tinge di giallo a causa di varie dispute riguardanti l'identità di questi Colombo e, in particolare, la veridicità e l'attendibilità del testamento di Domenico. Per quanto riguarda Cristoforo, è un valente mari­naio, che si trova spesso lontano da Cogoleto, come attesta una procura dell'anno 1451, sottoscritta anche a nome di lui, dal fratello Bartolomeo.

Il discendente di questo ramo della famiglia Colombo di­ventato più famoso, è Bernardo Colombo, passato alla storia per essersi recato in Spagna a rivendicare l'eredità dell'Ammi­raglio Scopritore del Nuovo Mondo, all'estinguersi del ramo maschile dei Colombo stabilitisi in Spagna.

Quella che possiamo definire la tradizione colombiana co­goletese prende infatti origine da Bernardo Colombo e dalle sue rivendicazioni. Purtroppo le sue lecite aspettative non erano destinate ad andare a buon fine un po' forse per l'ingenuità dello stesso Bernardo ed un po' per non essere riuscito a dimo­strare di essere il discendente maschio più vicino alla linea dell'Ammiraglio, non essendo (allora) in possesso della necessa­ria documentazione per ricostruire correttamente il proprio albero genealogico (compito assai più agevole ora, avendo a disposizione i documenti conservati negli archivi pubblici).

La presenza secolare della famiglia Colombo in Cogoleto è ancora oggi ricordata dalla « casa Colombo ", in diverse occa­sioni restaurata ed ornata con affreschi e lapidi :il ricordo e gloria di Cristoforo Colombo.

Nel palazzo Municipale è attualmente conservato anche un antico quadro, raffigurante Cristoforo Colombo, Ammiraglio e Scopritore del Nuovo Mondo.

Si tratta di un'opera piuttosto nota, recentemente esposta in alcune mostre, allestite in Italia ed all'estero, aventi come soggetto la preparazione culturale e nautica dell' epoca delle grandi scoperte geografiche e la figura di Cristoforo Colombo. Ci piace pensare che Bernardo Colombo, aspirante all'eredità, abbia forse voluto eternare con questo dipinto le sembianze del prestigioso congiunto. La primitiva sistemazione del ritratto era nella chiesa parrocchiale, come risulta da documentazione risalente al 1820, posto forse nella cappella ove si trova anche l'altare della Famiglia Colombo.

La chiesa parrocchiale di Cogoleto, come possiamo ammi­rarla ora, risale alla fine dell'Ottocento. In quell'epoca l'ormai vetusto edificio primitivo si era reso insufficiente ad accogliere i fedeli per le funzioni sacre oltre a ciò presentava anche una precaria stabilità, motivi che portano alla decisione, nel 1877, di provvedere alla costruzione di una nuova chiesa, assicurando comunque degna sistemazione all'altare della famiglia Colombo. Questo altare è stato già menzionato più volte in trattazioni storiche e la sua costruzione risalirebbe al Cinquecento, pur­troppo non vi è un documento che provi con chiarezza la com­mittenza di un esponente della famiglia Colombo per la realiz­zazione dell'opera, ma è forte la tradizione orale locale a questo riguardo. Tuttavia ripetutamente si incontrano nei testamenti lasciti destinati alla chiesa parrocchiale, come quelli di Antonio Colombo fu Bartolomeo dell'anno 1509 o di Vincenzo Colombo del 1637.

Nella documentazione storica frequenti sono anche i rife­rimenti all'oratorio ed alla Confraternita di S. Lorenzo, che, ancor oggi viva e vitale, conserva con legittimo orgoglio un an­tico volume manoscritto in cui compaiono i confratelli defunti dall'origine della confraternita al 1855, cioè per oltre quattro secoli. La più grande e spettacolare manifestazione dell'attività della Confraternita si ha il lO agosto, festività di S. Lorenzo, con la caratteristica e solenne processione dei Cristi.

Nei pressi della chiesa si apre via Rati, seguendola si può riscoprire l'antico borgo di Cogoleto, che costituisce ancora il cuore dell'insediamento e resta compreso tra la bella passeggiata, dal lato a mare, e la linea ferroviaria, a monte. Il percorso è agevole ed interessante, si possono osservare le antiche abita­zioni, serrate fra loro, unite e contemporaneamente distanziate da piccoli archi, separate da viuzze strette, vigilate da case più elevate dalla struttura di case torri. Si tratta di edifici che appa­rivano citati, in censimenti e catasti dei secoli compresi fra il XVII ed il XIX, come case con torrette e giardinetti o con ma­gazzini e botteghe, di cui si ammira un esempio caratteristico nella zona comunemente nota con la designazione di « fornaxin ».

Per concludere queste brevi note che potranno essere di guida a chi vorrà meglio conoscere Cogoleto, vorremmo ricor­dare, per quanto riguarda gli edifici di particolare interesse, la presenza nel territorio comunale di alcune torri ancora visibili, anche se ormai comprese nell'agglomerato urbano di Cogoleto e di Lerca. Da un sommario esame esterno di queste torri si evidenzia come esse rispecchino le caratteristiche costruttive comuni ad analoghe realizzazioni volute dal governo della Re­pubblica di Genova a difesa dei territori del Dominio. Di più antica costruzione o ricostruita su parti preesistenti dovrebbe essere la torre retrostante via Rati e situata nei pressi della stazione ferroviaria, edifico dichiarato «torre medioevale di difesa» in un provvedimento di notifica del competente Mi­nistero.

Le torri in questione sono comunque da mettere in relazione ad episodi incursori da parte dei pirati barbareschi, che da sempre andavano predando in mare ed in terra. La costruzione di una cintura di torri di avvistamento e difesa doveva salva­guardare le coste dalle incursioni a terra che avevano come con­seguenza saccheggi e rapimenti di persone da vendere nei ben organizzati mercati di schiavi. Ma anche in mare, come abbiamo visto, si verificavano pericolosi abbordaggi. Se il Cinquecento è il secolo d'oro della pirateria, tuttavia gravi episodi di guerra di corsa e di semplice saccheggio continuano a verificarsi an­cora nell'Ottocento. Non solo il pericolo, oltre a manifestarsi lungo le rotte del Mediterraneo, si trasferisce anche lungo le nuove rotte per le Americhe. Ne è ancora testimone uno degli ultimi valenti uomini di mare cogoletesi, il capitano Giacomo Poggi, nei viaggi effettuati con il suo brigantino lungo le rotte commerciali del sud America.

 

 

(Anna Maria Salone, Cogoleto, edizione 1992)